Pellegrinaggio a piedi all'Eremo di Sant'Arcangelo

Nel sinodo romano del 596-601 fine VI° secolo viene più volte menzionato il nome del vescovo Agnello (cfr B. Amante,R. Bianchi citazione da memoria storica e statutarie del ducato di Fondi,a pag. 286) i quali scrivono “..pare che a questo tempo venisse dai longobardi il culto dai Santi da loro prediletti San Michele e San Giovanni Battista, tanto nelle terre soggette che in quelle estranee al loro dominio. Sorsero chiese dedicate a questi Santi, in Terracina, Acquaviva, Lenola, Itri , Vallecorsa..”. Altro documento che attesta il culto micaelico nello stesso periodo viene illustrato dal Conte Colino in “Storia di Fondi”(pag.105- 106) “ …così pure in onore dell’Arcangelo Michele fu eretta una chiesa con monastero, sul monte a sinistra di Campolongo,ai cui piedi nasce una sorgente abbondantissima di fresche e limpide acque detta fontana di Sant’Arcangelo. Anche in Itri e Vallecorsa ed altri paesi circonvicini S. Michele ha i suoi templi ed altari….”

 

Il sito ritrovato dell’Eremo di Sant’Arcangelo attesta il Culto Micaelico in Vallecorsa tra il V° e VI° secolo, come ci viene illustrato dal Conte Colino in “Storie di Fondi” (cfr pag. 105-106) “….anche in Vallecorsa San Michele ha i Suoi Templi ed Altari”..........

 

  •  ... scrive la pagina FB "Leggende e Misteri Pontini fin sui Monti Aurunci, Ausoni e Lepini": questa magnifica e misteriosa chiesa le cui mura, nonostante i secoli e l'inspiegabile incuria, rimangono in piedi austere...mostrando ancora le vestigia dei tempi passati. 

    La maestosità del monumento racconta molto di più degli antichi codici conservati nelle biblioteche e negli archivi. 
    Un grande patrimonio storico e culturale da salvare e valorizzare... prima che sia troppo tardi e vada perduta per sempre.

    LA STORIA : Collocata sul monte Sant'Angelo, nel territorio di #Fondi (zona San Magno) al confine con i comuni di #MonteSanBiagio e #Vallecorsa;
    si pensa che le prime fondamenta siano molto antiche, forse risalenti all' epoca Longobarda; successivamente fu associata all'abbazia di San Magno di Fondi, almeno fino all'anno 979 e, dopo un periodo di decadenza, fu ripristinata la comunità monastica a cura dell'ordine Florense dal 1234. Rappresenta un raro esempio d'insediamento eremitico.
    La sua posizione domina la valle di Fondi ma la facciata è rivolta verso l'entroterra, anziché verso il Tirreno; poco al di sotto dei resti si estende la Valle dei Martiri di Fondi nota per il martirio di migliaia di cristiani sotto l'imperatore Decio.

    LA RUPE A FORMA DI DRAGO, accanto alla quale fu costruita la chiesa ha un forte valore simbolico: con la sua spada, tenuta nella mano destra, l'Arcangelo Michele colpisce il drago, simbolo della ribellione a Dio.
    Il luogo dell'edificazione della chiesa, accanto alla oscura rupe a forma di drago fu scelto, non a caso, proprio in quanto considerato pericoloso e dominato da forze negative e demoniache, che l’Angelo Michele sconfigge o doma.
    Per esorcizzare i "demoni" del lontano passato precristiano, su tutte le alture, ove un tempo sorgevano templi o altari pagani, sono poi sorti monasteri, chiese o cappelle dedicate all'Arcangelo Michele,comandante delle schiere celesti, vincitore su Satana.

    ETIMOLOGIA DEL NOME. Detta anche Chiesa di Sant'Ancangelo del #Pesclo ( o del Peschio) : il termine potrebbe avere il significato di pietra, sasso...ma potrebbe anche derivare dalla parola osca "pestlum" che significa sacrificio, cerimonia sacra. 
    Ma, per estensione, anche, "rupe", perché proprio sulle alture rupestri i pagani praticavano i sacrifici per i loro dei. 
    Le prime FONTI documentali riportano che il Pontefice Gregorio IX, con propria Bolla del 17 Giugno 1234 rilasciata a Rieti, incaricò il Vescovo di Fondi di riformare il monastero di S. Angelo di Pesclo secondo l'#ordineflorense ; ma le origini del luogo di culto sono molto più antiche, risalenti all' epoca longobarda (prima dell'anno mille).
    L' Ordine Florense fu fondato dal monaco calabrese Gioacchino da Fiore nel XII secolo : “di spirito profetico dotato”, come dice di lui nel XII canto del “Paradiso” Dante Alighieri.
    I monaci di Sant’Arcangelo furono per un periodo di tempo seguaci della dottrina e della regola gioachimita e si pensa che la presenza di quest'ordine monastico, in territorio fondano, potrebbe aver influito sullo spirito riformatore di Giulia Gonzaga.

    Nel 1800, quando la Chiesa di Sant’Angelo del Peschio sul Monte Omonimo venne chiusa al culto il quadro di San Michele Arcangelo, olio su tavola del 1500, fu trasportato nella chiesa della Madonna della Rocca dove, purtroppo, venne trafugato intorno al 1968.

     

  • Queste ricerche e articoli del sito https://www.lacittadifondi.it è il frutto del lavoro di Albino Cece che, su degli spunti iniziali dell'Arch. Pasquale Lopetrone della Sovraintendenza dei Beni Archeologici della Calabria, e con l'ausilio del Geometra Antonio Masella di Itri per i sopralluoghi, riesce ad identificare il sito di San'Angelo del Pesclo e a svelarne, grazie al suo intuito e le sue inesauribile fonti, l'interessante storia.

    Una scheda stringata, ma ricca di fonti originali e riferimenti bibliografici, ci presenta il monaco cassinese Mariano dell'Omo(1) sul dimenticato luogo sacro montano di Fondi denominato S. Angelo del Pesclo (S. Angelo. B. Angeli Michaelis, S. Angeli, S. Arcangelu), una chiesa e monastero situato "a nord-ovest di S. Magno di Fondi (IGM F. 159 II SE). 
    La chiesa con il monastero di S. Angelo è indicata in una concessione di terre dell'anno 979, fatta da Marino e Giovanni, consoli di Fondi e Gaeta, al monastero di S. Magno, del quale essa appare come una dipendenza(2). Il monastero "qui vocatur sanctu Archangelu" è inoltre compreso tra i beni donati da Littefrida duca di Fondi all'abbazia cassinese nel 1072-73(3). I ruderi della chiesa localizzata sulla montagna di S. Angelo del Peschio(4) sembrano appartenere al nostro monastero, più specificamente a quell'insediamento monastico chiamato "S. Angeli de Pesclo" - finora per quanto mi consta non localizzato - , il quale fu unito il 15 giugno 1234 da papa Gregorio IX a quello florense di S. Maria della Gloria presso Anagni. Nella stessa data infatti il pontefice raccomandava ad un ignoto vescovo di Fondi di permettere l'introduzione dell'osservanza florense in quel monastero". 
    Di Sant'Angelo del Pesclo, quindi, si era perduta la localizzazione anche per il monaco cassinese Dell'Omo. 
    La localizzazione di questo edificio chiesastico si deve oggi al sito Internet www.laportella.net, gestito dai fondani Fernando Seconnino (residente in Australia) ed Antonio Marzano, che sullo stimolo dell'arch. Pasquale Lopetrone da S. Giovanni in Fiore della Soprintendenza B.A.P. per la Calabria, si avvalevano delle ricerche archivistiche dello scrivente coadiuvato, per la fotografia e le ricerche sul campo, dall'itrano Antonio Masella. 
    Sono così balzati prepotentemente alla ribalta i resti, peraltro ancora recuperabili, di questo antico insediamento monastico, chiesa e monastero, situato nel territorio montano di Fondi, ad una mezz'ora di marcia a piedi al disopra della Valle dei Martiri. 
    Finora nessun storico locale, a quanto ci risulta, ha mai portato alla luce la dipendenza di questo sito monastico dall'Ordine Florense, fondato da Gioacchino da Fiore, anche se solo il Dell'Omo ne ha certificato la dipendenza dall'Abbazia della Gloria di Anagni.  

    1 MARIANO DELL'OMO, Insediamenti monastici a Gaeta e nell'attuale diocesi, Montecassino, 1995, pp. 57-58. 
    2 Cf. CDC I, n. 74, p. 137; LECCISOTTI, Regesti, II, p. 75, n. 43. Nella formula protocollare di indirizzo si legge infatti: "Deo propiziante rectoribus hac dispensatoribus beati venerandique cenovii Sancti Magni quam et beati Angeli Michaelis Iohannes venerabilis abbas ciusque posteris successoribus". 
    3 Cf. CDC II, n. 248, p. 115: "in terra Fundana, idest de ipsa suprascripta civitate que dicitur Fundi et da Aquaviba castello et de castello de Valledecursa et da castello de Ambrise et de ipso castello de Pastina et de ipso castello qui dicitur Ynola et de ipso castello de Campu de Melle et de ipso castello qui dicitur Vetera et de ipsa Piscara". 
    4 Cf. SVTFD (sta per: Sacra Visitatio totius Fundanae Dioecesis ab Ill.mo et R.mo Episcopo Joanne Bap.ta Comparini peracta, anno 1599, a cura di Dario Lo Sordo, Carlo Macaro, Giovanni Pesiri, Parte I e II, Prefazione di Luigi Mancini, Caramanica, Marina di Minturno 1983) , I, p. 290 nota 103; l'editore di questa parte della Visita pastorale della diocesi di Fondi risalente al 1599 (Lo Sordo), nel localizzare i resti della chiesa si limita ad identificarla con quella della donazione datata il 979.

  • Fondazione di Sant'Angelo 

    Scrive Gregorio Penco (1 )O. S. B.: "Lungo tutto il secolo XII le fondazioni si accrebbero in misura imprevedibile: alcuni monasteri contavano diverse centinaia di monaci. San Bernardo, da solo, fondò o riformò sessantasei monasteri. La straordinaria fecondità della corrente cistercense, oltre che nell'attività agricola, ebbe modo di esplicarsi specialmente nel campo della spiritualità, in cui all'elemento oggettivo della precedente tradizione benedettina si aggiungeva una più attenta considerazione degli aspetti soggettivi, dei riecheggiamenti interiori, delle vibrazioni dell'anima di fronte ai misteri della fede. Alla corrente di Cîteaux (Cistercense) appartiene anche la singolare figura di Gioacchino da Fiore († 1202), che diede vita alla congregazione cistercense "florense". La sua importanza storico-dottrinale consiste nell'aver dato voce a quelle attese escatologiche che erano diffuse nella società contemporanea, sostenendo che dopo l'età del Padre e quella del Figlio, il processo della storia avrebbe condotto all'avvento dell'età dello Spirito Santo, l'età dei monaci e dei contemplativi". 
    Sant'Angelo del Pesclo di Fondi, quindi, il 17 Giugno 1234, data della Bolla rilasciata a Rieti con la quale il Pontefice Gregorio IX incarica il Vescovo di Fondi di riformare il monastero di S. Angelo di Pesco secondo l'ordine florense, era già, forse in parte, un luogo sacro attivo. 
    Data la particolarità del luogo, esso non poteva che essere una dipendenza della più importante abbazia di San Magno e, secondo la considerazione di Mario Forte, doveva essere stato fondato in epoca longobarda.  
    Con molta probabilità il sito non rivestiva più un interesse prevalente per l'abate di San Magno e questo l'Ordine Florense avrebbe potuto saperlo per la frequentazione della vicina abbazia di Fossanova. 
    Il monastero fondano veniva quindi affiliato al maggior centro florense di Anagni della Badia di S. Maria della Gloria. 
    Ci è difficile, se non impossibile oggi, seguire le vicende di Sant'Angelo del Pesclo fino all'epoca del suo progressivo abbandono che riteniamo sia incominciato in concomitanza con la chiusura della badia anagnina della Gloria avvenuta nel 1447. 
    Il percorso temporale del monastero di sant'Angelo del Peschio può essere individuato nelle date seguenti: 
    1. fondazione in epoca longobarda; 
    2. associazione all'abbazia di San Magno di Fondi almeno fino all'anno 979; 
    3. successivo periodo di decadenza; 
    4. ripristino del luogo monastico a cura dell'ordine Florense dal 1234; 
    5. abbandono definitivo del sito monastico forse nel 1447 con la chiusura della Badia della Gloria di Anagni dalla quale dipendeva il monastero fondano. 
    Dal punto di vista religioso, la presenza dei monaci gioachimiti a Fondi, avrà certamente contribuito alla diffusione nella città delle dottrine "pre-riformatrici" predicate da Gioacchino da Fiore e poi, in parte, condannate dalla chiesa romana. 
    L'autore si domanda se questo fatto nuovo nella storia fondana non possa in qualche modo aver influito, in tempi successivi, anche sul comportamento della signora della città, Giulia Gonzaga. 

    1 Gli ordini religiosi, Nardini Editore; riportato in: http://www.ora-et-labora.net/penco2.html 
  • Breve cronologia della vita di Gioacchino da Fiore 

    Da questa Cronologia è evidente il personale legame che sorge tra il territorio meridionale delle attuali province di Frosinone e Latina con il monaco Gioacchino. 

    1135 circa.  
    Gioacchino nasce a Celico (Cosenza) da Mauro, notaio, e da Gemma. 

    1155 circa.  
    Dopo gli studi di base nella vicina Cosenza, è introdotto dal padre nei Tribunali di Cosenza come curiale e nella corte del giustiziere di Calabria come notaio. 

    1166-1167  
    Lavora nella cancelleria regia di Palermo al servizio di Stefano di Perche e poi viaggia al seguito dei grandi notai del Regno Pellegrino e Santoro. 

    1168 circa.  
    Parte per la Terra Santa e visita Gerusalemme. 

    Anni '70  
    Torna in Italia e dimora in una grotta sull'Etna, nei pressi di un monastero greco. Passato in Calabria, si reca nella valle del Crati, presso Cosenza, e si ferma in un luogo detto Guarassano. Trascorre un periodo nei pressi del monastero cistercense della Sambucina di Luzzi. Si sposta quindi in un'altra parte della valle rivolta ad oriente, sulle colline di Rende. Qui predica per un anno. Si reca dal vescovo di Catanzaro per ricevere gli Ordini minori. Durante il viaggio passa per il monastero di Corazzo. Raggiunge Rende e quindi ritorna a Corazzo, dove assume l'abito monastico. Non molto tempo dopo diviene priore e, quando l'abate Colombano rinuncia alla carica, i monaci lo eleggono abate.  

    1177  
    E' attestato per la prima volta come abate di Corazzo.  
    Persegue l'incardinamento del suo monastero nell'ordine cistercense.  
    Si rivolge per questo al monastero della Sambucina, ma la richiesta di affiliazione viene rifiutata a causa della povertà del monastero di Corazzo.  

    1182-1183  
    Si reca all'abbazia cistercense di Casamari, dove trascorre circa un anno e mezzo. Riceve anche qui una risposta negativa alla richiesta di affiliazione di Corazzo, sebbene venga accolto con affetto e stima dall'abate Gerardo.  
    Luca di Casamari, allora suo scrivano, poi Abate di Sambucina e Arcivescovo di Cosenza, afferma che dettava e correggeva contemporaneamente il libro dell'Apocalisse, il libro della Concordia e il primo libro del Salterio, con l'aiuto di altri due scrivani portati da Corazzo: Giovanni e Nicola.  

    1184  
    Interpreta a Veroli, dinanzi alla curia di Papa Lucio III, una oscura profezia ritrovata tra le carte del defunto cardinale Matteo d'Angers.  
    Il pontefice lo esorta a scrivere le sue opere, come è testimoniato da Luca e dallo stesso Gioacchino. 

    1188  
    Si reca a Roma e ottiene che l'abbazia di Corazzo venga affiliata all'abbazia di Fossanova. Papa Clemente III lo proscioglie dai suoi doveri di abate e gli indirizza l'esortazione a completare e rivedere i suoi scritti e a sottoporli al giudizio della Santa Sede.  
    Torna a Pietralata, da lui ribattezzata Petra Olei, dove comincia ad accogliere i primi discepoli. E' con lui il monaco cistercense di Fossanova Raniero da Ponza, in seguito molto legato a papa Innocenzo III e al cardinale Ugolino da Ostia, futuro papa Gregorio IX. Luca di Casamari trascorre con lui a Pietralata una intera quaresima. Nell'autunno sale sui monti della Sila, e sceglie un luogo adiacente al fiume Arvo, cui egli stesso dà il nome simbolico di Fiore (oggi "Jure Vetere"), quasi per indicare una nuova Nazaret. Nell'inverno torna a Petra Olei. Intanto a Fiore viene costruito il primo alloggio.  

    1190-1191  
    Si reca dal re e gli chiede di lasciare indisturbati lui ed i suoi monaci. Con privilegio regio, Tancredi gli concede il possesso di alcune terre demaniali circostanti al nuovo insediamento monastico.  

    1192  
    Il capitolo generale dei cistercensi ingiunge all'abate Gioacchino e al monaco Raniero di presentarsi entro la festa di S. Giovanni Battista. 

    1196  
    Papa Celestino III, il 25 agosto, approva le costituzioni del nuovo Ordine Florense. 

    1198  
    Dopo la morte di Enrico VI, va a Palermo dall'imperatrice Costanza per chiedere la conferma delle donazioni avute dal marito. Papa Innocenzo III (30 agosto -1 settembre) lo incarica di predicare la crociata per la liberazione della Terra Santa insieme a Luca di Casamari, divenuto nel frattempo abate della Sambucina. 

    1202  
    Si ammala e muore il 30 marzo 1202 a San Martino di Canale. 

    Tratta da:http://www.centrostudigioachimiti.it/Gioacchino/GF_vita.asp
  • Sant’Angelo del Pesclo sull’Atlante delle fondazioni  florensi 
    di Albino Cece 

    Grazie al team culturale del sito internet www.laportella.net è stato riportato a nuova luce il monastero di Sant’Angelo del Pesclo tuttora in piedi ed abbandonato sul monte di Fondi sito a ridosso del meglio mantenuto  luogo pio di Monte Arcano. 
    A Sant’Angelo viveva una comunità di monaci dell'Ordine Florense fondato dal monaco calabrese Gioacchino da Fiore ed aveva collegamenti con altre comunità dello stesso ordine religioso attive fino in Inghilterra e Irlanda. 
    Il Pontefice Gregorio IX, infatti, con propria Bolla del 17 Giugno 1234 rilasciata a Rieti, incarica il Vescovo di Fondi di riformare il monastero di S. Angelo di Pesco secondo l'ordine florense. 
    Tutto ciò è stato possibile attraverso i contatti prima virtuali e poi personali con l’arch. Pasquale Lopetrone della Sovrintendenza calabrese incaricato della ricognizione di tutte le fondazioni florensi in Europa. 
    Oggi,  il Comitato Nazionale per le Celebrazioni dell’VIII Centenario della Morte di Gioacchino da Fiore, presieduto dal noto prof. Cosimo Damiano Fonseca, ha proceduto alla stampa di questo Atlante – di cui sono autori Pasquale Lopetrone e Valeria De Fraja  - che certamente porterà ad una intensificazione degli studi sulla natura e l’opera di questo ordine monastico fondato da quel mistico calabrese che tanto tempo passò nel nostro territorio, nelle abbazie cistercensi di Casamari e Fossanova. 
    In attesa di avere tra le mani copia di questo studio fondamentale e originale, in cui per la prima volta si fa il recupero storico dell’incidenza sociale e religiosa di Gioacchino da Fiore, siamo autorizzati a proporre al pubblico la “Presentazione” ai due volumi dell’Atlante scritta - a Massafra nel settembre del 2006 - dal presidente del Comitato Nazionale, prof. Fonseca: 
    “È stato più volte ribadito come l’assenza di una “durevole” autocoscienza di “Ordine da parte dei Florensi” abbia avuto consistenti ripercussioni sulla tenuta del cospicuo patrimonio edilizio costituito da chiese, fabbriche monastiche, beni patrimoniali, ecc., acquisito specialmente durante gli anni di più incisiva presenza della religio nova fondata dall’Abate di Fiore. 
    Non è un caso che una storiografia florense ha mosso i primi passi soltanto nel ‘500 e per di più ad opera degli erediti cistercensi che rilevarono strutture e monaci dai monasteri florensi superstiti. 
    Del resto la perdita del materiale librario e le vicende delle testimonianze archivistiche costituiscono una eloquente riprova delle difficoltà incontrate dagli storici nella stessa ricostruzione della storia dell’Ordine e, quindi, delle vicende relative alle fondazioni florensi che dalla Calabria, alla Campania, al Lazio, alla Toscana e alla Puglia hanno contrassegnato le fasi della graduale espansione dell’osservanza religiosa iniziata sulle balze dell’altopiano silano. 
    Si aggiungano le varie soppressioni in età moderna che hanno inferto un colpo decisivo alla rete monastica compromettendo decisamente quanto si era conservato di una esperienza religiosa del tutto singolare nelle sue robuste motivazioni ideali. 
    E in proposito non può ancora una volta non essere rilevato come le profonde interrelazioni tra i complessi sentieri della speculazione teologica di Gioacchino e il ruolo preminente attribuito al monachesimo - e basti in proposito il riferimento alla Tavola XII del Liber figurarum dove è raffigurata nella pianta una comunità monastica perfetta – rinviano, ben oltre lo stesso esempio significativo ed emblematico della Chiesa abbaziale di San Giovanni in Fiore, a un modello di architettura che potesse compiutamente interpretare le istanze spirituali del “novus ordo” e dei “monachi venturi”. 
    Ebbene per dare respiro a una indagine di questo impegno metodologico e di questa caratura paradigmatica era necessario operare su un duplice versante, quello del censimento del patrimonio architettonico pervenuto e quello della ricognizione documentaria legata alle vicende delle fondazioni florensi. 
    E tale è lo scopo che si è prefisso questo “Atlante delle fondazioni florensi” che nella sistematicità della raccolta dei dati, nella proiezione cartografica delle piante, nella predisposizione delle tavole e dei rilievi e nella visualizzazione del corredo iconografico rende ragione dell’espansione del movimento florense, delle peculiarità icnografiche e ambientali, dei modelli e degli stilemi utilizzati. 
    L’indagine condotta da Pasquale Lopetrone e Valeria De Fraja ci restituisce quindici abbazie florensi attraverso le schede descrittive nelle quali sono puntualmente elencati una serie di dati relativi ai toponimi, alle coordinate geografiche, alle chiese dipendenti, ai territori di pertinenza, alle rendite, allo stato delle fabbriche, alle referenze bibliografiche, cui seguono le schede iconografiche con la localizzazione dell’abbazia e delle chiese dipendenti, le piante, le ipotesi ricostruttive, il corredo fotografico ed un ampio profilo storico sulle vicende dell’Ordine florense dai Normanni agli Svevi (1190-1266). Prezioso supporto all’Atlante vero e proprio è l’ampia messe dei documenti delle  fondazioni florensi, qui confluiti nel secondo volume, riguardante il primo e successivo insediamento di Fiore, i monasteri di Santa Maria di Fonte Laurato, di Santa Maria di Acquaviva, di Calabromaria, di Santa Maria Nuova e di quella della penisola sorrentina, della Puglia, del Lazio meridionale, della Lucchesia. 
    Uno strumento, di spiccata incisività e di pregnante utilità per quanti vorranno cimentarsi con la realtà del monachesimo florense della cui predisposizione il Comitato nazionale è grato a Pasquale Lopetrone e Valeria De Fraja per aver reso concreto uno degli obiettivi qualificanti del programma delle celebrazioni dell'VIII centenario della morte di Gioacchino da Fiore”. 
    Copie dell’opera saranno consegnate al sindaco di Fondi, all'arcivescovo di Gaeta ed alle più importanti biblioteche del Lazio meridionale. 
  • RASSEGNA STAMPA:

 https://www.lacittadifondi.it/modules.php?name=Forums&file=viewtopic&p=2198#2198

foto del 12 settembre 2010, una delegazione del Comitato, insieme ad alcuni fedeli, si sono avviati in pellegrinaggio a piedi verso l'Eremo di Sant'Arcangelo

IL NODO DELL' APOCALISSE da pagina FB "Leggende e Misteri Pontini fin sui Monti Aurunci, Ausoni e Lepini" :
Raffigurato sui resti degli affreschi interni della Chiesa rupestre di Sant'Arcangelo ( sul monte Sant'Angelo a Fondi) .
Le decorazioni richiamano la simbologia del #nodo detto di San Giovanni che rappresenta la forza generatrice della creazione e della rinascita.
Da un punto di vista alchemico i quattro cappi del Nodo potrebbero rappresentare gli elementi fondamentali : acqua, aria, terra e fuoco, gli elementi primitivi della natura, da cui tutto si genera.
Tale simbolo è anche detto Fiore (o nodo) dell' Apocalisse in quanto la sua composizione ricorda, appunto, quella di un fiore a quattro petali. 
Un disegno simile è presente nell’opera di Gioacchino da Fiore, noto per aver predicato nel XII secolo l’avvento dell’Era dello Spirito Santo preceduta da una serie di catastrofi apocalittiche.
Non a caso in questa chiesa è stata a lungo osservata la Regola gioachimita.
In una delle incisioni del "Liber Figurarum" di Gioacchino da Fiore, esiste una raffigurazione paragonabile al simbolo in esame, in cui il saggio filosofo calabrese pone i quattro cerchi, i quattro evangelisti o i quattro elementi, sui due anelli che rappresentano la perfezione nel dominio dei due mondi, cielo e terra, acque superiori e acque inferiori. Insomma una geometria armonica di perfezione della Creazione e dell'Uomo Divino.
Rudoph Koch, nella sua disamina del simbolismo cristiano, designa questo simbolo come un potente talismano contro le forze del Male, impiegato come simbolo apotropaico.

Tavola VIII del "Liber Figurarum" di Gioacchino da Fiore



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